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Intervista di Luigi Cimatti a Stefano per Il vento contro su Fahreneit del 03-04-2008.
Un libro, questo nuovo romanzo dello scrittore bolognese Stefano Tassinari, in cui si intrecciano storia e finzione nella ricostruzione delle vicende di quattro partigiani trotzkisti sorvegliati, quasi come prigionieri, da altri partigiani stalinisti e infine uccisi in Francia nel 1943. Una vicenda complessa, straziante per la sua scomodità e fortemente critica, che scuote le ragioni storiche e culturali, oltre che quelle politiche. Felice Cimatti intervista Stefano Tassinari Stefano Tassinari, il suo e` un libro che colpisce, che lascia l'amaro in bocca. Era quello che voleva farci sentire, scrivendolo? In un certo senso si, e` vero. Si tratta indubbiamente di un libro doloroso ed e` stato doloroso per me scriverlo. E` un romanzo a impianto storico - potremmo definirlo così- perché ci sono degli elementi storicamente provati, altri storicamente probabili, e altri ancora di pura finzione letteraria, soprattutto quelli che riempiono in qualche modo la vicenda. Pero` la vicenda in se e` reale, una storia rimossa per moltissimo tempo e intorno alla quale ho lavorato negli ultimi anni, anche se da molto tempo coltivavo questa idea, da quando, nella meta` degli anni 80, avevo letto i primi articoli su Pietro Tresso. Pietro Tresso e` purtroppo un personaggio sostanzialmente sconosciuto alla stragrande maggioranza degli italiani: era un militante comunista, prima ancora socialista, tra i fondatori del Pci, amico di Gramsci e di molti altri fondatori del partito, ma non per molto tempo, nel senso che fu tra i primi militanti espulsi per forme di "deviazionismo". Il vento contro e` un romanzo che si legge tutto d'un fiato, molto avvincente, ma e` anche un' opera densa di verità` storica. Da scrittore, come inserirebbe questo libro nelle varie correnti della narrativa italiana contemporanea ? Non e` un noir, non e` un giallo, a quale categoria potrebbe appartenere? Io la chiamerei "letteratura sociale": credo che ci sia uno spazio per questo tipo di letteratura, che anzi sia uno spazio in crescita. Questo libro rientra nella produzione che da circa dieci anni io porto avanti, dal romanzo Assalti dal cielo (1998) fino a oggi, una produzione che lavora su un tema per me fondamentale che e` quello della memoria non condivisa di questo paese. Mi sembra che questo sia un punto importante sia per restituire dignità` a certi personaggi, sia per riaprire una discussione oggi che non sia semplicemente una discussione storica. Per questo motivo non lo definirei tradizionalmente romanzo storico, ma piuttosto un modo per affrontare, con la scrittura, ciò` che e` rimasto di quell'epoca. Anche se oggi tutti prendono le distanze e nessuno si definirebbe in un certo modo, tanto meno stalinista, a me sembra che forme di stalinismo culturale resistano nella nostra società`: questa logica che ci debba essere sempre un'egemonia rispetto invece a una presenza critica io la sento ancora molto presente e quindi, anche per denunciare tutto questo, credo sia importante lavorare sul tema della memoria non condivisa. C'è` dunque questo filo conduttore nel mio lavoro degli ultimi dieci anni, proprio perché`credo ancora in una forma di impegno della letteratura.