Il sito pierpaolopasolini.eu riporta un articolo scritto da Stefano sul libro di Stefano Casi I teatri di Pasolini, apparso su Liberazione dell'ottobre 2005:
Teatro, il lato oscuro di Pasolini
Stefano Tassinari, Liberazione ottobre 2005
Non so se si possa affermare che, tra le tante attività creative e intellettuali svolte da Pier Paolo Pasolini, quella sviluppata in campo teatrale sia la meno conosciuta, ma forse si può dire che sia la più controversa, se non altro per la diversità dei giudizi espressi. Una testimonianza in tal senso ci arriva dall'ottimo libro di Stefano Casi I teatri di Pasolini, con il quale il giovane studioso bolognese si propone proprio di ridare peso e dignità a opere spesso ritenute 'minori' dai critici, soprattutto in relazione a quelle cinematografiche e letterarie.
Va subito chiarito che la stimolante introduzione al libro, scritta da Luca Ronconi, non agevola Casi in questo compito, dato che per il noto regista - che pure mise in scena due volte Calderòn e una volta Affabulazione e Pilade - Pasolini tendeva a mortificare (nel senso di renderlo morto) il proprio teatro ogni volta che lo proponeva direttamente, per quanto una 'lettura oggettiva' delle sue opere ne metta in evidenza aspetti positivi, in grado di trasformarle in 'classici'. D'altronde, lo stesso Ronconi sottolinea la contraddizione esistente tra le dichiarazioni sul teatro espresse da Pasolini (ad esempio quelle contenute nel Manifesto per un nuovo teatro) e le sue opere, talvolta considerate con favore (è il caso di Orgia giudicata però insostenibile nella versione con Laura Betti e Luigi Mezzanotte, diretta dall'autore), ma inficiate da "un'idea di teatro e di rappresentazione dilettantesca e sbagliata", poi superata nel corso del tempo.
Al di là delle posizioni critiche manifestate da Ronconi (sempre in un quadro di evidente stima nei confronti di Pasolini), il libro di Stefano Casi si segnala per la capacità di analizzare oggettivamente l'insieme dell'opera teatrale pasoliniana, tramite un approccio storico-biografico e tradizionalmente critico nel contempo.
Casi parte dagli anni bolognesi di Pasolini, quelli di una formazione realizzata nel difficile clima culturale dell'epoca, segnato dalla censura fascista (attraverso le cui maglie, però, i giovani intellettuali della città riuscirono a conoscere autori stranieri di grande rilievo, a partire dagli irlandesi Synge, Yeats, Lady Gregory e O' Casey), ma anche dal forte bisogno di rompere con un mondo bloccato e uguale a se stesso da troppo tempo. Tra il '39 e il '40, appena approdato all'università, Pasolini è ancora indeciso su quale sia la carriera da intraprendere, nel senso che passa tranquillamente dal teatro alla poesia, dalla narrativa alla pittura, dalla critica all'organizzazione editoriale o all'analisi politica), col senno di poi verrebbe da dire che tale indecisione non venne mai superata, e per fortuna!). Influenzato, in particolare, da Synge, scopre la questione delle 'lingue pre-esistenti e mai scritte', iniziando da lì - siamo nel '41 - quel lungo percorso che lo porterà alla ben nota passione per la lingua friulana della 'destra del Tagliamento' (dell'anno successivo è Poesie a Casarsa, opera prima in cui Pasolini sperimenta la 'lingua dei ragazzi' del paese friulano, e non certo quella materna, dato che la madre, essendo maestra, si esprimeva per lo più in italiano e, casomai, in veneto). Ed è proprio in Friuli, dove Pasolini trascorre le vacanze estive, che il suo interesse per il teatro si concretizza in un primo lavoro registico (L'angelo peccatore, un testo di Isnardo Sartorio del 1867), sicuramente provato ma forse mai rappresentato. È l'inizio di una attività caratterizzata più dalla scrittura che non dalla regia teatrale (sono soltanto sei le opere dirette in prima persona), che farà di Pasolini uno degli autori contemporanei più affrontati dai registi (di alcune opere son state realizzate, solo in Italia, più di dieci versioni diverse).
Da questo momento in avanti Stefano Casi ci offre - con straordinaria efficacia e in modo coinvolgente e non accademico - una lettura passo a passo dell'avventura teatrale pasoliniana, stando bene attento a supportarla con precisi riferimenti ai diversi contesti storici e culturali, in maniera tale da sottolineare il legame tra la ricerca artistica ed estetica di Pasolini e le varie trasformazioni che hanno scandito il tempo della sua esistenza. Il risultato finale è un libro di grande importanza (adatto anche a chi non abbia particolare dimestichezza né con Pasolini né con il teatro in genere), dal quale, credo, non si potrà prescindere per parecchi anni a venire.
STEFANO CASI
si è laureato al Dams di Bologna nel 1987 con una tesi vincitrice del Premio Pasolini e segnalata al Premio Zorzi. Su Pasolini e sul suo teatro ha successivamente scritto diversi libri e numerosi saggi. Giornalista professionista e direttore artistico di Teatri di Vita, collabora con la cattedra di Organizzazione ed Economia dello Spettacolo al Dams.
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