Da L'UNITÁ del 28/09/2003
Nell'ultimo romanzo di Stefano Benni una città futuribile, ma non troppo, fa da sfondo a un'amicizia capace di contrastare un potere che assomiglia molto a quello berlusconiano «Achille piè veloce», moderna odissea alla ricerca di un mondo migliore
di Stefano Tassinari
Se siete in cerca di rassicurazioni sul futuro e, soprattutto, se vi piace il mondo in cui vivete non leggete il nuovo romanzo di Stefano Benni («Achille piè veloce», Feltrinelli Editore, pagg. 231, euro 14,50). Se, al contrario, siete persone sensibili e dotate di spirito critico, ancora capaci di reagire di fronte alla distruzione sistematica di ogni spazio democratico e, non ultimo, amate la buona letteratura, allora lasciatevi trasportare dalla storia di Ulisse e Achille, Vulcano e Pilar, Circe e Febo. Vi sembrerà di attraversare una vicenda omerica, ma finirete col trovarvi invischiati fino in fondo nella melma berlusconiana, dalla quale, se non altro, vi verrà un gran voglia di scappare, persino salendo a bordo di un affollato «dragobruco» o di qualche altro mezzo uscito dalla fantasia di un autore sempre in grado di stupire. Lo scenario del romanzo è quello di una città appena appena futuribile, efficace rappresentazione di un incubo diffuso e ricorrente. Tenendo conto di alcuni piccoli riferimenti assomiglia a Bologna, ma forse ne costituisce una proiezione in chiave di ulteriore degrado nel caso in cui non si faccia nulla per fermarne la deriva. Ad accompagnarci tra le sue rovine sociali ed esistenziali - in un viaggio compiuto quasi da fermi - è un moderno Ulisse, giovane scrittore di un unico libro, direttore di collana in una piccola e ininfluente casa editrice, assediato da torme di aspiranti autori e bersagliato da costoro a causa della sua improvvida generosità. Innamorato della bellissima Pilar - una sudamericana figlia di un desaparecido e priva di permesso di soggiorno - Ulisse è un «poligamo politropo», nel senso che tende a cedere al fascino delle altre donne, ma ciò nonostante è spesso preda di sofferenze sentimentali. Inseguendo Pilar - impegnata nella difesa di un posto di lavoro ormai effimero - l'intellettuale di sinistra Ulisse percorre le strade intasate di una città a misura di furbi e di banchieri, dove fabbriche e ipermercati vengono chiusi e ricostruiti altrove nello spazio di un mattino (e al posto delle mitiche «tute blu» adesso ci sono le «felpe blu») e dove una nuova mafia massonica, devota a un «piccolo Duce», guida una campagna durissima contro qualsiasi debole sia rimasto in circolazione. Uno strano messaggio di posta elettronica fa incontrare Ulisse con Achille, un ragazzo malato e deforme, costretto su una sedia a rotelle e impossibilitato a comunicare se non attraverso un computer. L'amicizia tra i due - densa di intrecci che non stiamo certo a raccontarvi - diventa l'emblema di una potenziale resistenza nei confronti dell'arroganza e della corruzione, dell'ignoranza al potere e del disprezzo verso chi non «possiede», ma anche, specie nel caso di Achille, dell'idea che esistano destini ineluttabili. Va da sé che il romanzo, pur segnato da un'amarezza consapevole, è anche divertente e provocatorio, in linea, sotto questo profilo, con gran parte della letteratura di Stefano Benni, scrittore capace di inserire una trama all'interno di una girandola di voci, personaggi, invenzioni linguistiche, incursioni surreali e tocchi d'umorismo così come pochi altri, in campo internazionale, sono in grado di fare. C'è poi un altro aspetto rilevante di questo libro che va sottolineato, e cioè quello di riuscire a parlarci della realtà senza mai citarla in modo diretto, approccio che limita non poco i rischi di appesantimento. Ovviamente non è l'unico modo di praticare una letteratura "civile", ma di sicuro è il più difficile e, forse, il più efficace.
28 September 2003
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